Una 60esima dizione all’insegna dell’inclusività e dell’apertura al mondo

Ogni due anni siamo entusiasti all’idea di tornare a Venezia per la Biennale, è indubbiamente l’evento artistico che preferiamo! Non soltanto perché la città si riempie di un’energia nuova, super creativa e internazionale, o perché ci facciamo un’orgia di mostre spettacolari fino ad avere male a occhi, piedi e cervello, ma anche perché la Biennale offre l’opportunità di riaccendere dibattiti di attualità, interagire con visitatori, artisti e curatori provenienti da ogni angolo del mondo, consentendoci di cambiare punto di vista. A Venezia ci sentiamo ancora più vivi, aperti, immersi in una cultura globale e senza frontiere, che rappresenta il fondamento dei nostri progetti.

Quest’anno in particolare, siamo molto sensibili alla tematica della mostra centrale della Biennale: Stranieri Ovunque. Sotto questo titolo, preso in prestito da un’opera del collettivo Claire Fontaine (2006), il curatore brasiliano Adriano Pedrosa riunisce oltre 330 artisti di decine di nazionalità diverse: molti di essi provengono dal Sud del mondo e non hanno mai partecipato all’evento,  altri rispondono al termine “straniero” nelle sue molteplici accezioni: emarginati, immigrati, rifugiati, esuli, espatriati, indigeni e queer.

Questa edizione inclusiva e aperta al mondo rappresenta bene il nostro team Wakapedia, composto da molteplici nazionalità e culture. Francesi, italiani, giapponesi, statunitensi… per la maggior parte expat, ci sentiamo a casa dappertutto e stranieri un po’ ovunque, ma nel senso buono del termine! Per noi, essere straniero ovunque vuol dire avere la possibilità di confrontarsi con culture diverse dalla nostra, cambiare prospettiva e guardare il mondo con altri occhi, più grandi; insomma, una ricchezza e non un difetto!  Abbiamo ritrovato questa visione in alcuni dei padiglioni, ma non solo. Ci siamo stupiti, divertiti and emozionati… eccovi qui la nostra personalissima TOP 5 della Biennale Venezia 2024.

GERMANIA

Vista la coda all’ingresso, il padiglione Germania è senza dubbio il più popolare della Biennale! Intitolata Thresholds, la proposta curata da Çağla Ilk esplora il concetto di “soglie” come punto di non ritorno, ma anche di passaggio a un’altra dimensione. Il padiglione riunisce i lavori del regista tedesco di origine turca Ersan Mondtag e dell’artista israeliana Yael Bartana. Entrambi ci proiettano in un’atmosfera futuristica e distopica con stazioni spaziali che vagabondano nello spazio, personaggi sonnambuli, rumori rimbombanti. La vegetazione viene coltivata artificialmente in serre di vetro poiché il suolo è ormai diventato un ammasso informe, simile alla montagna di terra scura che sommerge l’esterno del padiglione, creando l’illusione di una sepoltura. Nella sala centrale del padiglione, Ersan Mondtag ha immaginato una struttura a più piani con una scala a chiocciola che è il set principale del Monumento a una Persona Sconosciuta, una performance-installazione con cinque attori, tra cui uno che interpreta il nonno di Mondtag che emigrò in Germania nel 1968 come lavoratore e vi morì di cancro dopo aver lavorato in una fabbrica di amianto.

Quest’opera inquietante ma affascinante ci invita a riflettere sulla possibilità di una trasformazione collettiva per immaginare un futuro differente.

WAKAPEDIA ENTERTAINMENT AWARD

Che dire, abbiamo adorato questo padiglione! Ci siamo sentiti in una versione post-apocalittica del Berghain, la discoteca più trendy di Berlino. Un padiglione rave party fantascientifico e dark, molto rappresentativo delle vibe underground della capitale tedesca. Le performance degli attori nella torre ci hanno fatto venire i brividi, di angoscia ma anche di meraviglia! Una proposta indubbiamente originale e fuori dagli schemi. Altro punto super positivo: l’aver riunito, nello stesso padiglione, un regista tedesco e un’artista israeliana; è un simbolo forte di solidarietà tra popoli, particolarmente azzeccato in questo momento storico!

GIAPPONE

Per la sua installazione intitolata Compose, l’artista tokyoita Yuko Mohri si è ispirata agli stratagemmi adottati nella metropolitana di Tokyo per contenere le perdite d’acqua. In un’atmosfera sospesa e poetica, sebbene leggermente angosciante, l’opera si presenta come un grande ingranaggio in cui l’acqua viene raccolta e deviata in percorsi imprevedibili con arnesi di ogni tipo: tubi, lampadine, frutti, pompe, mobili… odori, luci e suoni invadono lo spazio e sono generati dagli elettrodi collegati ad alcuni frutti che trasformano l’umidità in impulsi elettrici che a loro volta alimentano le lampadine. 

L’intensità della luce e dei suoni diminuisce man mano che i frutti avvizziscono. Quest’opera simbolizza come, nelle situazioni di emergenza, la collaborazione collettiva possa aiutare a trovare soluzioni ingegnose e originali per superare le crisi.

WAKAPEDIA ECO-FRIENDLY AWARD

Premettiamo che questo padiglione ci è parso fuori tema – forse perché i Giapponesi non apprezzano particolarmente di avere stranieri ovunque?! (Bad joke by Waka). Lo mettiamo comunque nella nostra selezione perché questa installazione, in apparenza leggera e fiabesca (ci ha fatto pensare al Castello Errante di Howl di Miyazaki!), è in realtà una metafora di un tema molto serio: la salvaguardia e il recupero dell’acqua, con tutti i mezzi possibili, ed il rischio siccità.   

AUSTRALIA

In questo padiglione dall’atmosfera solenne, l’artista aborigeno australiano Archie Moore ha trascorso mesi disegnando a mano con gesso bianco un albero genealogico delle Prime Nazioni, risalendo alle sue radici nelle tribù Kamilaroi e Bigambul. La sua complessa “mappa olografica” riempie le pareti della lavagna dal pavimento al soffitto, tracciando oltre 2.400 generazioni in un arco di 65.000 anni

In contrasto col nero dei muri, al centro dello spazio troneggia un grande tavolo bianco ricoperto da migliaia di fogli impilati: sono i rapporti dei medici legali che hanno registrato le innumerevoli morti di aborigeni nelle prigioni australiane. Due cifre scioccanti in merito: gli indigeni sono soltanto il 3.8% della popolazione australiana totale, ma rappresentano il 33% dei detenuti. Un segno evidente della discriminazione verso questa comunità.

Questa installazione sulla storia dell’Australia – intimamente legata alla vicenda personale dell’artista e dei suoi antenati – mette in evidenza molteplici episodi drammatici e le atrocità inflitte alle comunità autoctone, come il declino dei dialetti australiani a causa della colonizzazione. Il titolo dell’opera, Kith and Kin, utilizza due parole che in origine significavano “conterraneo” e “terra d’origine”, ma che, nel corso del tempo, hanno perso/cambiato senso e oggigiorno indicano comunemente “amici e parenti”. Un modo di sottolineare ulteriormente l’ambivalenza tra evoluzione e scomparsa, necessità e fragilità della memoria storica.

WAKAPEDIA EMOTION AWARD

Non siamo gli unici ad aver apprezzato il padiglione Australia, paese che ha vinto il Leone d’oro quest’anno. Perché? Forse perché questo progetto tocca punti sensibili in ciascuno di noi: la famiglia, la trasmissione, la discriminazione, la storia personale che abbraccia quella collettiva. Un’opera grave e toccante, vero e proprio memoriale contemporaneo, che invita al raccoglimento e alla riflessione sulle stragi che colpiscono le minoranze etniche in Australia e nel resto del mondo. La lacrimuccia ci è scesa!

POLONIA

Curato da Marta Czyż, il padiglione della Polonia accoglie quest’anno (proprio come il Paese) dei rifugiati ucraini: Yuriy Biley, Pavlo Kovach e Anton Varga, tre artisti riuniti nel collettivo Open Group

Hanno immaginato un’installazione video, semplice ma intensa, sull’elaborazione del trauma del conflitto. Filmati in primo piano, vari uomini e donne riproducono con la voce i suoni della guerra: rumori di sirene, di missili, di esplosioni… l’installazione si chiama Repeat After Me II perché riconoscere il suono dei proiettili e delle sirene è fondamentale per la sopravvivenza delle popolazioni che vivono in Paesi belligeranti. 

L’opera però è anche interattiva e il titolo è quindi un invito rivolto agli spettatori a “intonare” questi suoni terrificanti nei microfoni disposti nella sala buia del padiglione, partecipando al karaoke lugubre della guerra.  

WAKAPEDIA POLITICAL ART AWARD

Premessa: Il fatto che il nostro team giapponese sia fan del karaoke non è il motivo per cui abbiamo incluso questo padiglione nella Top 5! La proposta di Open Group rappresenta un’opera di estrema attualità che offre una visione del calvario quotidiano vissuto dalla popolazione ucraina, la quale, purtroppo, si trova ad imparare a “cantare” i suoni della guerra anziché le ultime hit internazionali. Abbiamo ritenuto pertinente e simbolica l’idea di coinvolgere il pubblico attraverso i microfoni. Sebbene possa sembrare una semplice attività ludica, questo dispositivo interattivo si configura come una duplice metafora: immergersi nell’esperienza di coloro che vivono la guerra tutti i giorni, oppure ribellarsi alla situazione prendendo la parola. 

Ci ha colpito notare che, nonostante le visite ripetute al padiglione, l’atteggiamento dei visitatori rimanesse costante. Quando veniva loro chiesto di parlare attraverso i microfoni, nessuno riusciva a farlo e un pesante silenzio calava sulla stanza buia. Ci siamo chiesti se ciò fosse dovuto alla paura di esprimersi, all’indifferenza o a un senso di colpevolezza. Questa mancanza di azione ci ha lasciati perplessi.

BELGIO

Il collettivo Petticoat Government (letteralmente “Governo della Sottoveste”), che riunisce gli artisti Denicolai & Provoost, Antoinette Jattiot, Nord e Speculoos, presenta nel padiglione belga un dispositivo originale e musicale costruito attorno a sette giganti fatti di vimini e materiali misti provenienti da Belgio, Francia e Paesi Baschi. Questi personaggi imponenti e colorati appartenenti al folclore di varie comunità hanno intrapreso una transumanza in direzione di Venezia dove si riposeranno per vari mesi, prima di partire verso Charleroi e Dunkerque. Combinando diversi linguaggi visivi, mitologie contemporanee e antiche storie popolari, il collettivo vuole ripensare il concetto di frontiera nazionale e valorizzare la solidarietà e la collaborazione tra differenti culture e popolazioni.

WAKAPEDIA GOOD VIBES AWARD 

Dopo aver visitato decine di mostre e padiglioni dai temi gravi e con opere concettuali, che piacere arrivare in Belgio e riposare un po’ il cervello! Ci è piaciuta l’atmosfera fiabesca e festosa, con bella musica e ragazzi giovani che ballano sotto a grandi pupazzoni colorati, i quali – anche se non si muovono – sembrano apprezzare le good vibe del pubblico. Proprio come noi!