Sebbene i fotomodelli asiatici siano sempre più ricercati da stilisti e grandi case pubblicitarie come testimonial per i loro brand, non è facile come sembra essere un AMM, un Asian Male Models.
Con un’altezza minima richiesta di 1.83 cm e l’aderenza a rigidi canoni fisici di raffinatezza e perfezione, è spesso dura la competizione con i colleghi internazionali. Ma quando un AMM viene selezionato, è proprio per le sue caratteristiche orientali marcate: dolci occhi a mandorla, viso dai tratti delicati e femminei, corpo asciutto e longilineo, sobria eleganza zen.
Il paradosso culturale alla base degli AAM è che ciò che viene considerato una qualità imprescindibile nell’industria della moda – l’essere marcatamente asiatici – non è in egual modo apprezzato nella propria patria, dove è il modello occidentale ad imporsi come stereotipo di bellezza socialmente accettato.
Per assurdo, i giovani fotomodelli nipponici, paragonati ad adoni nelle pagine patinate delle nostre riviste di moda, nel loro Paese non sono che semplici ragazzi con gli occhi troppo poco tondi e i tratti troppo poco europei.
Un nonsense che racchiude tutto il fascino di due culture tanto diverse – quella orientale e quella occidentale –che si trovano sempre più spesso faccia a faccia. In passerella e fuori.
PUNTO DI VISTA WAKAPEDIA
A gennaio e a giugno, nelle 4 principali capitali della moda, NY – Londra – Milano – Parigi, per una settimana mi sento come in paradiso: circondata dagli uomini più belli tutti concentrati in uno stesso luogo per correre da un casting all’altro. Un mix di testosterone e “figaggine” con un effetto talmente stupefacente…che all’ecstasy gli fa una pippa! Al contrario, a marzo e settembre per la fashion week donna..l’orrore! Con tutte quelle stangone iper-magre e super-perfette dappertutto, paranoie indotte e ricorso agli antidepressivi sono assicurati!
Detto questo, non avrei mai pensato che un giorno mi sarei ritrovata a fare la baby-sitter di un modello. Tutto è cominciato con la chiamata del mio migliore amico Ash che mi ha chiesto di prendermi cura del suo amico giapponese in arrivo a Milano per i suoi primi casting. Al nostro primo incontro, quel ragazzo sconvolto dal fuso orario, confuso da una lingua sconosciuta, scombussolato dalla truffa subita in taxi appena uscito da Malpensa…faceva davvero tenerezza, con la sua aria da giovane samurai che ha perso la strada di casa. Quel ragazzo che non capiva una parola di italiano né di inglese ma che, a colloquio in agenzia (I Love Model MGMT) con la sua direttrice Patrizia , annuiva e sorrideva come il pinguino di Madagascar, e che mi implorava di accompagnarlo per fare la traduttrice in incognito. Quel ragazzino era Ueda Daisuke e ora è uno dei modelli più richiesti al mondo.
Ricordo ancora che la prima volta che ho visto il mio amico Taiki sfilare per Rick Owens, dopo anni e anni di tentativi: mi sono sentita orgogliosa come una mamma alla recita di fine anno del figlio.
Ho quindi deciso di dedicare questa intervista a tutti quei modelli giapponesi che ce la stanno mettendo tutta per sfondare nel mondo del fashion qui in Europa.
L’intervista si svolge alla consueta festa post-fashion week che i modelli organizzano in casa per brindare alla fine di una intensa settimana di lavoro (questo preambolo è un’allusione velata alla possibilità di qualche risposta bizzarra, dovuta al tasso alcolemico leggermente alto, ndr)
Sara Waka: Ciao ragazzi, eccoci finalmente alla tanto attesa intervista. Mmm, con che domanda potrei cominciare secondo voi?
I modelli in coro: Cosa ne sappiamo? Sei tu che hai deciso di intervistarci, inventa tu le domande! (E non c’hanno mica tutti i torti i ragazzi, ndr)
Sara Waka: Avete ragione. Chi vuole cominciare dicendomi qualcosa sul significato per voi dell’essere un modello?
Daisuke: Potrei cominciare io… Per molte persone, fare il modello è visto come un lavoro figo, tutto feste e piaceri, ma in realtà questo aspetto non è che la punta dell’iceberg. La sfilata, per esempio, dura solamente qualche minuto. Una parentesi brevissima di gloria e celebrità, ma che è preceduta da ore di attesa in fila al freddo dietro le quinte, da mesi in palestra, da scelte alimentari precise, da grosse rinunce…niente birra fresca ed edamame d’estate, per esempio. (Ah, povero…una vera tortura! ndr). Ci vuole insomma autocontrollo. Siamo un popolo con un forte senso del rigore e del sacrificio quindi in fondo tutto questo non mi pesa troppo. Perché quei pochi momenti di fama e ammirazione in passerella sono una vera droga per me!
Uematsu: Fare il modello è considerata una lavoro senza stress. In realtà non è così, la competizione è dura, il lavoro va e viene e questa precarietà non permette di avere una stabilità economica o geografica. Ci sono tanti ragazzi belli e alti in giro per il mondo, ma per essere modello bisogna avere qualcosa in più nell’attitudine.
Yoshiaki: Un altro aspetto importante del nostro lavoro è essere consapevoli che l’impegno e l’intuito da soli non bastano. Nel mondo della moda l’elemento fortuna gioca un ruolo importante…essere al casting giusto al momento giusto, avere i requisiti adatti per una certa collezione. Ed è cosi anche per le collezioni dei grandi brand: non basta la qualità o saper intuire le tendenze del momento. C’è sempre una certa fatalità che aleggia ed è questo per me il fascino della moda, il suo essere sempre un po’ imperscrutabile.
Sara Waka: Osservazioni interessanti, davvero. Ma sentite ragazzi, finita la carriera da modelli, sapete già che lavoro vorrete fare?
I modelli in coro: Buuuuuu, questa è una domanda taboo che non devi assolutamente fare a un modello!
Asahina: (con un tono un po’ malinconico) Mah, forse a me piacerebbe tornarea casa a Nagoya (Tenero piccolo Lessie, torna a casa! ndr).
Robbie: Ah!! Ci sono!!Secondo me fare il modello è come stare a Disneyland.
Sara Waka: …eh??
Robbie: Sì, perché il mondo della moda è come un universo sberluccicante che ti risucchia come in una dimensione magica e di fantasia (Ecco i giapponesi l’amore e la fissa per Disneyland ndr).
Mikawai: Sì, concordo. Ci sentiamo come a Disneyland ed è per questo che poi non si riesce a pensare al futuro, al “dopo”. Perché è come se non volessi mai scendere dalla giostra, non vuoi pensare a quando tutto questo finirà. Per noi modelli giapponesi, il debutto in Europa è insomma un vero sogno collettivo. Una volta che il sogno si è avverato e che hai passato il momento iniziale di euforia ed entusiasmo, poi anche fare il modello diventa un lavoro di routine, proprio come gli altri.
Sara Waka: Eh, ragazzi miei, ci credo… non potete essere Peter Pan per tutta la vita.
Taiki: Nel mondo della moda non ci sono delle regole esatte per “sapersi vendere”. Se esistesse una lista di cose da fare per sfondare in questo settore, tutti potrebbero diventare grandi top models, ma non funziona così purtroppo. Per questo motivo, mi sono sentito spesso perso e non sapevo da che parte andare. Credo che in fondo il segreto per essere un modello di buon livello è continuare a provarci e a credere in se stessi (Disse il saggio giapponese, ndr)
Sara Waka: Bravo Taiki, belle parole!
Va bene ragazzi, come da rito, ora è il momento del bacio di chiusura.
(Mmm, si profila uno scenario perfetto per un Asian gangbang di quelli da ricordare! ndr)
I modelli in coro: Nooooo, non lo vogliamo,buuuu!
Sara Waka: Ma come siete cattivi!
(E puff, addio film erotico del secolo, ndr)
Sara Waka: Allora, vorreste dare un messaggio a tutti i ragazzi che si stanno impegnando per diventare modelli come voi?
I modelli in coro: Keep on dreaming! (Ah, pensavo rispolverassero l’obamiano “Yes we can”, ma in fondo il succo non cambia! ndr)
Description & Intervuew : Sara Waka
Edited by: Federica Forte